A questa nuova destinazione d’uso era legata tutta una serie di compiti, dalla manutenzione e organizzazione delle collezioni, alla loro esposizione nei locali, alle più disparate operazioni amministrative, che Raddi si impegnò subito a svolgere con scrupolo e zelo.
Tuttavia, egli seppe utilizzare il poco tempo libero che gli veniva concesso da tali gravosi impegni a vantaggio dei suoi studi e della sua crescita professionale, come dimostrano le prime pubblicazioni apparse tra il 1806 e il 1808, dedicate ai funghi e ai crittogrammi.
Poté quindi sfruttare ulteriormente questo periodo concentrandosi anche sullo studio e sull’apprendimento delle lingue: il latino, allora frequentemente utilizzato nel campo della sistematica, il tedesco, il francese e l’inglese, la cui padronanza si rivelò molto utile per illustrare le collezioni del museo ai visitatori stranieri.
La vita e la carriera professionale di Raddi ebbero una svolta seria a partire dal 1807, quando il conte Girolamo Bardi succedette a Giovanni Fabbroni, ammiratore e amico personale del botanico fiorentino, come direttore del museo.
In una Firenze controllata dai francesi fin dal 1799, il nuovo direttore decise di eliminare dall’elenco del personale il ruolo di custode e consegnatario del museo, privando di fatto Raddi del suo stipendio e della casa annessa al museo dove ha vissuto per anni con la moglie e i loro cinque figli.
Anche lontano da casa continuò a corrispondere con rinomati botanici europei.
Una svolta fondamentale nella sua vita si ebbe grazie al crollo del Primo Impero francese e soprattutto alla conseguente restaurazione di Ferdinando III al trono granducale, che comportò il reintegro di Raddi nella sua precedente carica a partire dal 31 dicembre 1814.
Finalmente la sua situazione economica e familiare si è stabilizzata e ha potuto tornare a dedicarsi con entusiasmo allo studio e alla ricerca. Infatti, il 9 giugno 1817, presentò all’Accademia Italiana delle Scienze la Memoria su “Junger manniografia Etrusca”, da molti considerata il suo capolavoro. Quest’opera, in cui Raddi mette in luce il suo spirito critico e innovativo nell’interpretazione di una vasta gamma di piante come le epatiche, ebbe grande risonanza in Italia e a livello internazionale, tanto che in breve tempo andarono esauriti sia gli esemplari volanti sia quelli pubblicati nel 1818 nel volume XVIII degli Atti dell’Accademia delle Scienze di Modena.
Per sottolineare ulteriormente la straordinaria fortuna dell’opera, non si può non ricordare che già nel 1841, anni dopo la morte dell’autore, il grande botanico tedesco Christian Gottfried Nees ne curò un’edizione postuma stampata a Bonn.
La partenza della principessa Leopoldina dall’Austria per il Brasile, dove avrebbe sposato il futuro imperatore Pedro I, offrì a Raddi l’opportunità di riprendere le ricerche botaniche in un Paese ricco di essenze vegetali.
Seguendo l’esempio di alcuni scienziati tedeschi, chiese e ottenne dal Granduca il permesso di unirsi al seguito della principessa e si preparò al viaggio con la consueta scrupolosità, imbarcandosi a Livorno sulla nave portoghese San Sebastiano, che partì per Rio de Janeiro il 13 agosto 1817.
Paisagens vistas da embarcação, da passagem do estreito de Gibraltar.
Una breve sosta della nave sull’isola di Madera tra l’11 e il 13 settembre ha permesso a Raddi di ottenere molte informazioni sulle coltivazioni locali e di ottenere una piccola flora delle piante.
Tuttavia, i suoi studi sono stati notevoli durante il suo soggiorno in terra brasiliana, iniziato con l’attracco al porto di Rio il 5 novembre.
In questa città fu testimone delle grandi feste tributate alla principessa Maria Leopoldina che, con l’aggiunta di dettagli sui costumi e sull’economia del Paese sudamericano, descrisse prontamente in alcune lettere inviate alla famiglia e al primo ministro toscano Vittorio Fossombroni.
Sebbene limitato dai magri finanziamenti concessi dal governo toscano, riuscì a compiere numerose escursioni nella provincia di Rio de Janeiro, spingendosi lungo la costa fino all’isola di Santa Catarina.
Raccogliendo un’enorme collezione di campioni di piante, semi, insetti e una serie di preparazioni di uccelli, rettili e pesci, tornò il 1° giugno 1818, arrivando il 19 agosto successivo a Genova, da dove tornò via mare a Livorno.
Una volta portati in Toscana, i materiali brasiliani furono assegnati dal Granduca in gran parte al Museo di Firenze e in misura minore a quello di Pisa, ma il loro studio fu ritardato di oltre due anni, fino a quando Raddi fu sollevato da Ferdinando III dai suoi compiti quotidiani al museo per dedicarsi interamente alla classificazione della collezione (2 dicembre 1820).
Senza altre preoccupazioni, poté così dedicare l’intero periodo tra il 1821 e il 1828 allo studio dei reperti brasiliani, concentrandosi sulla preparazione di una serie di scritti che apparvero regolarmente e frequentemente su vari periodici italiani, principalmente legati alle accademie di cui era membro.
La pubblicazione “Synopsis Filicum Brasiliensium” (Raddi, 1819) rappresenta solo una parte dell’ambizioso programma di pubblicazioni sulla flora brasiliana che Raddi aveva in mente, purtroppo interrotto dalla sua morte prematura. È anche la prima pubblicazione sulle piante tropicali di un italiano, confermando il posto di Raddi tra i principali botanici del suo tempo.
Nel frattempo, in quegli anni i governi francese e toscano stavano allestendo una missione scientifica che, sotto la direzione degli egittologi Ippolito Rosellini e Jean François Champollion, avrebbe compiuto un lungo viaggio di studio in Egitto. Raddi, non volendo perdere l’occasione di riprendere le ricerche sul campo, chiese e ottenne dal nuovo granduca Leopoldo II il permesso di entrare come botanico.
Partì da Firenze il 12 luglio 1828 con la missione toscana e, dopo aver fatto scalo a Tolone il 22 luglio, sbarcò ad Alessandria il 18 agosto successivo. Da qui, munito di un lasciapassare che gli permetteva di visitare liberamente qualsiasi luogo di suo interesse, esplorò botanicamente tutta la campagna fino a Rosetta e seguì gli altri membri della spedizione, arrivando al Cairo il 20 settembre. Dalla capitale procedette in compagnia di colleghi fino a Tebe e da lì salì alla Prima Cataratta del Nilo per poi tornare nella regione del Basso Egitto viaggiando in tutte le direzioni. Infine, partito da Rosetta il 29 giugno 1829 per raggiungere il lago Bruloz e i laghi Natron, durante il viaggio fu colpito da una violenta forma di dissenteria che lo costrinse a tornare al Cairo per essere curato.
A metà luglio, un miglioramento delle sue condizioni fece sperare in un’imminente guarigione, ma il 24 dello stesso mese la sua malattia si aggravò a tal punto che in seguito, fiducioso di poter essere curato meglio in patria, decise di imbarcarsi per l’Italia.
Quando la sua nave giunse nei pressi di Rodi il 6 settembre, le sue condizioni di salute erano così disperate che dovette essere sbarcato frettolosamente sull’isola, dove morì lo stesso giorno, il 6 settembre 1829.
La notizia dell’improvvisa morte di Raddi fu accolta con grande cordoglio a Firenze e in tutti gli ambienti scientifici europei dove era molto conosciuto, anche per la sua corrispondenza con alcuni dei più grandi botanici.
Fu anche membro dell’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Lucca, dell’Accademia Nazionale delle Scienze dei XL, dell’Accademia dei Georgofili, dell’Accademia Linneo di Parigi e della Società Medico-Botanica di Londra.
Gaetano Savi, amico di sempre, gli ha dedicato una pubblicazione contenente il catalogo delle opere pubblicate, il manifesto di raccolta fondi per la costruzione di un monumento commemorativo e l’elenco dei sottoscrittori.
In seguito l’epitaffio fu eretto nella Basilica di Santa Croce, accompagnato da un’epigrafe in cui il celebre naturalista fiorentino viene ricordato come “Ornamento d’Italia”.
I resti di Giuseppe Raddi erano sepolti nel cimitero annesso alla chiesa cattolica di Nostra Signora della Vittoria a Rodi, ma, probabilmente a causa dei lavori di ristrutturazione che interessarono l’area nel 1853, della sua tomba si è persa ogni traccia.
Con il patrocinio dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze e dell’Accademia dei Georgofili, la ricerca della sua tomba iniziò con l’occupazione dell’esercito reale nel 1912, ma senza successo.
© 1) Carlos Emilio de Sá e Silva. 2) Pleroma fothergillii (DC.) Triana (=Rhexia triflora Raddi): Renato Goldenberg – Abril/2007. Dunas do Paraná / Paraná / Brasil. 3) Didymochlaena pulcherrima: Paulo Henrique Labiak Evangelista. 4) Miconia melastomoides (Raddi) : R.Goldenb. – Fevereiro/2012. 5) Trichomanes pilosum: Paulo Henrique Labiak Evangelista.